Avvocato Economico Roma
Luglio 22, 2015Appalti pubblici e soccorso istruttorio
Agosto 28, 2015separazione coniugale e affido dei minori
Secondo ciò che è indicato nell’attuale legge N. 54 del 2006, la regola nel caso in cui la coppia si separi o divorzi è quella dell’affidamento condiviso dei figli minori, valida anche per le coppie di fatto non sposate (e, quindi, per i figli nati fuori dal matrimonio).
Se prima della riforma i figli venivano, salvo diversi accordi, affidati a uno solo dei due genitori, oggi invece la situazione si è capovolta e, quindi, anche dopo la separazione, la potestà sui figli spetta a entrambi i coniugi che mantengono eguali diritti e obblighi sui minori.
Ecco, in modo schematico, quali sono le note basilari dell’affido condiviso:
- la responsabilità genitoriale viene esercitata da entrambi i genitori;
- vengono adottati, di comune accordo tra gli stessi genitori, le decisioni di maggiore interesse per il figlio minore, mentre quelle di minore importanza possono essere prese separatamente da ciascuno dei due;
- resta fermo il principio di mantenimento diretto del figlio da parte di ciascun genitore. Qualora ciò, però, non sia opportuno o possibile, il giudice dispone che uno dei due coniugi versi, in favore del figlio, un assegno di mantenimento mensile;
- è obbligatorio, prima di decidere l’affidamento, che il giudice ascolti il minore purché di età superiore a 12 anni;
- in ogni caso l’affidamento condiviso può essere sempre rivisto, se mutano le condizioni dei coniugi.
Il concetto di affidamento riguarda i diritti/doveri dei coniugi sui figli; invece, il concetto di collocamento riguarda il luogo dove il figlio va a vivere, dormire, dove fissa la propria residenza e domicilio (che, al contrario dell’affidamento, sarebbe preferibile avvenisse presso un solo genitore, anche al fine di non disorientare la sua crescita, garantendogli lo stesso habitat domestico di quando i genitori erano ancora uniti).
L’affidamento condiviso, infatti, non implica necessariamente che il figlio debba stare per un certo periodo con un genitore e per il residuo tempo con l’altro (anzi, in diverse sentenze, si è stabilito che è meglio sarebbe meglio per lo sviluppo del minore, rimanere nella stessa casa e che ad altalenarsi e fare le valigie a turno devono essere i genitori). In tali casi, il minore viene collocato presso uno dei genitori e l’altro avrà le facoltà più ampie possibili di vederlo e frequentarlo.
L’ECCEZIONE: L’AFFIDAMENTO ESCLUSIVO
Di fronte alla regola, c’è l’eccezione costituita dall’affidamento esclusivo che viene disposto dal giudice solo in ipotesi straordinarie, ossia quando uno dei due genitori è inadeguato a far crescere il minore e questo potrebbe pregiudicare la sua personalità o salute.
Così, per esempio, il fatto che uno dei genitori litighi abbia continue azioni aggressive, violente e litigiose verso l’ altro coniuge, o che l’abbia tradito/a ripetutamente o che non abbia versato alla famiglia le sostanze indispensabili ad un tenore di vita standard e in linea ai propri redditi o che abbia scarsi e conflittuali rapporti con il figlio/a o che abbia abbandonato ripetutamente il tetto coniugale o che abbia avuto episodi di alcolismo o uso di sostanze stupefacenti, sono tutti indizi che potrebbero far deporre l’ organo giudicante ad optare per un affido esclusivo.
Se il giudice decide di disporre l’affidamento a uno solo dei genitore deve comunque fornire una valida motivazione di tale scelta, in modo tale da consentire eventualmente, alla parte interessata, di proporre appello avverso il ragionamento seguito dal magistrato. Ovviamente, a chiedere l’affidamento esclusivo può anche essere ciascuno dei genitori in qualsiasi momento se sussistono le condizioni appena viste.
I genitori, comunque, hanno sempre il diritto di chiedere la revisione dei provvedimenti del giudice concernenti l’affidamento dei figli, l’attribuzione dell’esercizio della potestà su di essi e le disposizioni relative alla misura e alle modalità dell’assegno di mantenimento.
Se invece entrambi i genitori non sono idonei all’affidamento (il che avviene solo nelle situazioni particolarmente gravi), o quando essi lo rifiutino espressamente, il giudice disporrà l’affidamento presso terzi, quindi al collocamento preferibilmente presso parenti più stretti del minore.
Infine, se neanche questi sono idonei o disponibili, l’ultima spiaggia è quella del collocamento presso terze persone che ne facciano richiesta o presso un istituto di educazione.
( Fonte :corte di cassazione 13504/2015)
Con sentenza del 1 Luglio 2015, la I sezione della Corte di Cassazione, ha precisato che l’assegno disposto in favore del genitore presso il quale la prole è prevalentemente collocata non contrasta con il contenuto dell’art. 155 cod. civ. (che fornisce alcune indicazioni sui presupposti e caratteri dell’assegno), introducendo il principio generale, già elaborato dalla giurisprudenza, per cui ciascun genitore provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito.
L’ulteriore previsione che il giudice possa disporre, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico, al fine di realizzare tale principio di ‘proporzionalità’, fa si che la previsione di un assegno si rivela quantomeno opportuna, se non necessaria, quando l’affidamento condiviso preveda un collocamento prevalente presso uno dei genitori: assegno da porsi a carico del genitore non collocatario.
Del resto il ricordato art. 155 c.c., fornisce indicazioni specifiche sulla determinazione dell’assegno, considerando, tra l’altro, ‘i tempi di permanenza presso ciascun genitore’.
Questa Corte ha per altro già precisato (Cass., 4 novembre 2009, n. 23411) che il genitore collocatario, essendo più ampio il tempo di permanenza dei figli presso di lui , avrà necessità di gestire, almeno in parte, il contributo al mantenimento da parte dell’altro genitore, dovendo provvedere in misura più ampia alle spese correnti e all’acquisto di beni durevoli che non attengono necessariamente alle spese stra
ordinarie (alimenti, indumenti, libri, ecc.).