
Avvocato d’impresa Roma
Agosto 10, 2023
Avvocato del lavoro Roma
Settembre 20, 2023Dal 1° luglio è entrato in vigore il nuovo Codice Appalti dlgs 36/2023. Prende il via anche il cosiddetto periodo transitorio che durerà fino al 31 dicembre 2023 e che dispone l’estensione della vigenza di alcune disposizioni del d. lgs 50/2016 (il precedente codice appalti rimasto in vigore 7 anni) e dei decreti semplificazioni (dl 76/2020) e semplificazioni bis (dl 77/2021). Il nuovo codice degli appalti pubblici, inizia con una serie di principi generali, in totale 12, che rappresentano una delle novità del nuovo testo rispetto al precedente e che qui si elencano:
- del risultato;
- della fiducia;
- dell’accesso al mercato;
- criterio interpretativo e applicativo;
- di buona fede e di tutela dell’affidamento;
- di solidarietà e di sussidiarietà orizzontale;
- di auto-organizzazione amministrativa;
- di autonomia contrattuale;
- di conservazione dell’equilibrio contrattuale;
- di tassatività delle cause di esclusione e di massima partecipazione;
- di applicazione dei contratti collettivi nazionali di settore;
Nuovo codice degli appalti pubblici: Il principio del risultato
Già dal primo articolo emerge l’importanza del principio del risultato; “Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti, perseguono il risultato dell’affidamento e della sua esecuzione con la massima tempestività e il migliore rapporto possibile tra qualità e prezzo, nel rispetto dei principi di legalità, trasparenza e concorrenza”.
Nel secondo articolo del Testo, ritorna il principio del risultato in funzione della concorrenza tra gli operatori per conseguire “il miglior risultato possibile”.
Di matrice costituzionale, il principio del risultato, richiama il principio del buon andamento di cui all’art. 97 della Costituzione. Secondo l’art. 97 i pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione.
Il principio del risultato vive in funzione di altri principi: concorrenza, trasparenza, verificabilità, tracciabilità, efficacia, efficienza, economicità.
Nella Relazione illustrativa al nuovo Codice, il “principio del risultato” viene definito come una “derivazione evoluta del principio del buon andamento”, sulle orme di studi di autorevolissima dottrina e giurisprudenza che ormai da decenni auspica e teorizza “l’amministrazione del risultato”.
Le stazioni appaltanti perseguono il risultato nell’affidamento del contratto e nella sua esecuzione con la massima tempestività e il migliore rapporto possibile tra qualità e prezzo. Se la velocità, però, sottintende cattiva esecuzione/gestione, perde di valore e automaticamente decade.
In buona sostanza, l’obiettivo è quello di investire correttamente i fondi pubblici, raggiungendo gli obiettivi predeterminati, senza sperpero di risorse.
La concorrenza tra gli operatori economici, sempre largamente consigliata, ha lo scopo di raggiungere il migliore risultato possibile nell’affidare prima ed eseguire poi i contratti. Altro principio cardine su cui basare il procedimento è la trasparenza che assicura anche la piena verificabilità di ogni passaggio. Anche la più recente giurisprudenza ha affermato che il principio del risultato è già immanente nell’ordinamento, in quanto esplicazione del principio eurocomunitario della proporzionalità, ovvero del principio che impone all’amministrazione di adottare un provvedimento che non ecceda quanto è opportuno e necessario al fine del conseguimento dello scopo prefissato, da cui discende la c.d. «strumentalità delle forme» ad un interesse sostanziale dell’Amministrazione e dei cittadini. Il Consiglio di Stato con la sentenza n. 4014 del 20/04/2023, ancor prima che il nuovo Codice acquisisse piena efficacia, ha preso in esame anzidetto principio del risultato. Tale pronuncia si è occupata – in relazione ad un affidamento soggetto al D. Lgs. 163/2006 – del tema delle forme di pubblicità delle indagini esplorative menzionando per la prima volta il “principio di risultato” di cui all’art. 1 del D.Lgs. 33/2023.
Nuovo codice degli appalti pubblici: Il principio del risultato
La fattispecie oggetto di controversia concerne l’affidamento di lavori di realizzazione di un impianto geotermico per una scuola materna, per il quale la stazione appaltante aveva individuato i soggetti qualificati mediante un’indagine esplorativa di mercato. In particolare, il RUP aveva espletato l’indagine di mercato mediante una ricerca su Internet – ed in specie sul sito dell’ANAC – nella parte in cui individua i soggetti in possesso di qualificazione SOA, e in fiere di settore; altre società avevano partecipato alla procedura perché avevano appreso dell’appalto in questione dalla pubblicazione sulla stampa locale della notizia del finanziamento dei lavori.
La Regione aveva revocato il finanziamento dell’appalto ritenendo che la procedura di gara fosse stata condotta in maniera inadeguata per violazione degli obblighi di informazione e pubblicità di cui al D.Lgs. 163/2006 tali da non garantire il rispetto dei principi comunitari di non discriminazione, in quanto l’avviso della procedura non era stato debitamente pubblicato.
Il TAR ha accolto il ricorso del Comune ritenendo adeguate le forme di pubblicità utilizzate anche alla luce dell’importo esiguo dell’appalto e della sussistenza della libertà delle forme di pubblicità applicabili; la Regione ha quindi impugnato la sentenza di primo grado davanti al Consiglio di Stato lamentando la violazione dei principi comunitari di trasparenza e par condicio.
Il Consiglio di Stato ha rigettato l’appello. In particolare, il Consiglio di Stato ha ritenuto applicabile la disciplina di cui all’art. 125 D.Lgs. 163/2006, che prevedeva l’affidamento di lavori per un importo superiore a 40.000 e fino a 200.000 euro mediante trattativa privata previa indagine di mercato, ritenendo che la stessa fosse sottoposta unicamente al rispetto dei principi generali di imparzialità, correttezza, buona fede e proporzionalità, prescindendo da molte regole formali che governano i contratti pubblici.
Il Consiglio di Stato, nella pronuncia in esame, fornisce una sostanziale definizione del principio del risultato, laddove afferma che “una impostazione secondo cui la P.A. non cura più l’interesse pubblico perché il suo obiettivo diventa la gara, sarebbe irragionevole, sol che si rifletta sulla elementare considerazione per cui nessuna organizzazione può avere successo badando soprattutto a rispettare i vincoli senza preoccuparsi del raggiungimento degli obiettivi”, rilevando che tale impostazione è in linea con il diritto comunitario e con i principi del risultato.
La Corte di Giustizia UE, difatti, sottolinea il Consiglio di Stato, “non ha mai dato seguito ad approcci meramente formalistici, ispirati al solo rispetto della legalità o a una tutela fideistica della concorrenza”, dando applicazione, invece, al principio di proporzionalità (Corte di Giustizia UE 30 gennaio 2020 in causa C-395/18; sul punto, v. anche Commissione contro Repubblica di Malta, C-76/08 del 10 settembre 2009) e sollecitando il sindacato di proporzionalità sulle misure adottate dagli Stati membri in deroga agli obblighi previsti dalle direttive eurounitarie.
Sotto il profilo costituzionale, ricordano i Giudici di Palazzo Spada che “L’osservanza di tali principi costituisce, tra l’altro, attuazione delle stesse regole costituzionali dell’imparzialità e del buon andamento, che devono guidare l’azione della pubblica amministrazione ai sensi dell’art. 97 della Costituzione. Il principio di proporzionalità, inteso nei termini suindicati, comprende in sé il divieto di aggravio del procedimento, impedendo che nella fissazione o nell’interpretazione delle prescrizioni della legge di gara possano essere previsti adempimenti superflui o ridondanti”.
La novità è quindi rappresentata dal fatto che lo scopo dell’azione amministrativa, nell’ambito della materia dei contratti pubblici, viene oggi esplicitamente dichiarato: la pubblica amministrazione deve portare a compimento i lavori ed erogare i servizi necessari al benessere della comunità, utilizzando tra le forme legalmente consentite, quella piú opportuna nel caso specifico.
Il risultato inoltre è indicato anche come criterio per valutare la responsabilità del personale dei funzionari e attribuire gli incentivi.
Come affermato nella relazione di accompagnamento del dlgs 36/2023: “il risultato si inquadra nel contesto della legalità e della concorrenza: ma tramite la sua codificazione si vuole ribadire che legalità e concorrenza da sole non bastano, perché l’obiettivo rimane la realizzazione delle opere pubbliche e la soddisfazione dell’interesse della collettività”.
Il principio del risultato non solo viene indicato come criterio per l’esercizio del potere discrezionale e per l’individuazione della regola del caso concreto, ma – insieme con il principio della fiducia (volto a favorire l’iniziativa dei funzionari pubblici) e con il principio dell’accesso al mercato degli operatori economici – deve essere utilizzato, ai sensi dell’art. 3, come criterio interpretativo e applicativo di tutto il Codice. Ciò incide anche sulla figura del “RUP”. Questo soggetto, infatti, proprio in funzione del risultato, non è più solo e semplicemente il responsabile di un procedimento, ma diventa responsabile di un progetto. Egli, infatti, deve supervisionare e coordinare più procedimenti amministrativi, non al fine di ad emanare un mero atto amministrativo, ma, al fine di realizzare l’ interesse concreto volto a soddisfare i bisogni pubblici e privati che vengono in rilievo sulla base delle disposizioni normative del caso specifico.