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Febbraio 15, 2024L’impresa che partecipa a una gara pubblica può essere esclusa se l’offerta economica prevede un costo del lavoro basato su un CCNL che non garantisce salari adeguati, violando l’articolo 36 della Costituzione. A stabilirlo è stata recentemente una sentenza del TAR Lombardia, che ha giudicato obsoleto e non in grado di garantire un sistema retributivo adeguato il contratto collettivo di un’impresa esclusa da una gara pubblica per la partecipazione a un appalto.
La sentenza n. 2830 del 28 novembre 2023, nello specifico, ha ritenuto che dall’offerta economica presentata emergesse una retribuzione per i lavoratori non conforme ai principi di sufficienza (idonea ad assicurare al lavoratore ed alla sua famiglia un’esistenza libera e dignitosa) e proporzionalità (alla quantità e alla qualità dell’attività prestata) previsti dalla Costituzione, soprattutto considerando che il bando prevedeva attività di alto profilo.
Il TAR Lombardia, ha di fatto confermato quanto emerso dalla recente sentenza della Cassazione n. 27711, dello scorso 2 ottobre 2023, nella quale viene affermato che quando il salario minimo, ancorché individuato da un CCNL leader di categoria, risulti comunque insufficiente rispetto ai parametri di sufficienza e proporzionalità stabiliti dall’art. 36 della Costituzione, il giudice può servirsi, a fini parametrici, del trattamento retributivo previsto da altri contratti collettivi di settori affini o per mansioni analoghe riconoscendo al lavoratore le differenze retributive maturate.
Sempre nella medesima materia, il Tar Campania con la sentenza 6670/2023, ha stabilito che, in materia di partecipazione alle gare pubbliche, i valori del costo del lavoro risultanti dalle tabelle ministeriali sono un semplice parametro di valutazione della congruità dell’offerta, sì che l’eventuale scostamento delle voci di costo da quelle riassunte nelle tabelle non legittima in sé un giudizio di anomalia o di incongruità (Consiglio di Stato, Sez. V, n. 4753/2021).
Bisogna, quindi, distinguere “il concetto di “minimi salariali” (cd. trattamento retributivo minimo), da quello di “costo orario medio del lavoro”; soltanto per il primo, in caso di sua violazione, vale la sanzione dell’esclusione dell’offerta stabilita dall’art. 97, comma 5, del D. Lgs. n. 50/2016, in quanto l’offerta che non rispetti i suddetti minimi salariali è considerata ex lege anormalmente bassa.