Con la recente sent. 3 giugno 2022, n. 4569, il Consiglio di Stato, sez. VI, ha ricordato una serie di principi in materia di lottizzazione abusiva, fattispecie posta a tutela del potere comunale di pianificazione in funzione dell’ordinato assetto del territorio, disciplinata dall’art. 30 del Testo Unico Edilizia, il quale distingue ipotesi:
In relazionale alle conseguenze amministrative, la norma in esame dispone che:
La giurisprudenza ha chiarito che la lottizzazione può configurarsi in presenza della preordinata trasformazione di una porzione di territorio, in modo tale da aggiungere una nuova e composita maglia al tessuto urbano, con conseguente necessità – per la consistenza innovativa dell’intervento – di costituzione o integrazione della necessaria rete di opere di urbanizzazione (caratteristica, al riguardo, la prefigurazione di interi quartieri residenziali – ovvero di complessi ad uso commerciale o direzionale – previa suddivisione del terreno in lotti edificabili).
Non occorre pertanto sovrapporre la lottizzazione abusiva con l’effettuazione di qualsiasi pur ampio intervento edificatorio non autorizzato, o non compatibile con la disciplina urbanistica vigente; ne consegue che occorre avere riguardo non tanto alla materiale entità dell’intervento – programmato o in corso di realizzazione –ma alle finalità ed alle conseguenze dello stesso, in termini di peso insediativo sul territorio.
Tali finalità devono risultare da elementi precisi ed univoci, ovvero da un quadro indiziario idoneo a prefigurare un perseguito assetto dell’area, globalmente incompatibile sia con quello esistente che con quello previsto dagli strumenti urbanistici.
Nel caso specifico oggetto della sentenza segnalata, tale prova era stata pienamente fornita dall’amministrazione, tanto che il provvedimento impugnato indicava analiticamente, in riferimento ad ogni singolo manufatto realizzato dai ricorrenti, il lotto in cui esso è ubicato, le dimensioni, il materiale costruttivo e l’uso al quale il bene è preposto, attraverso una documentazione accompagnata da planimetrie individuanti graficamente i manufatti in questione.
Risultavano, altresì, indicati gli elementi sulla base delle quali gli abusi accertati si ritiene consistano in un’attività edilizia di trasformazione del territorio integrante una lottizzazione abusiva, avente ad oggetto la trasformazione di un’area agricola ad attività con la stessa incompatibile; in particolare:
Come evidenziato dal Consiglio di Stato, la lottizzazione va inquadrata nel suo complesso e non considerata atomisticamente e la fattispecie abusiva è da trovare, quindi, nella trasformazione urbanistica ed edilizia della zona, contraria alla norma e non nell’eventuale difformità delle singole opere alle norme vigenti.
In tal senso, può integrare un’ipotesi di lottizzazione abusiva qualsiasi tipo di opere in concreto idonee a stravolgere l’ordinato assetto del territorio preesistente, a realizzare un nuovo insediamento abitativo e, quindi, in ultima analisi, a determinare sia un concreto ostacolo alla futura attività di programmazione, sia un carico urbanistico che necessita adeguamento degli standard.
Ai fini della configurabilità di una lottizzazione abusiva ai sensi dell’art. 30 del Testo Unico Edilizia, il testo della norma si riferisce non tanto alla materiale entità dell’intervento — programmato o in corso di realizzazione — ma alle finalità ed alle conseguenze dello stesso, in termini di “peso insediativo” sul territorio, di talché la sanzione può intervenire addirittura in via preventiva; in proposito, si richiede che l’intento sia evidenziato da elementi precisi ed univoci, ovvero da un quadro indiziario idoneo a prefigurare un perseguito assetto dell’area, globalmente incompatibile sia con quello esistente che con quello previsto dagli strumenti urbanistici;
In merito all’estensione della fattispecie consentita, è stato, infine, ribadito che la lottizzazione abusiva opera in modo oggettivo e indipendentemente dall’animus dei proprietari interessati, i quali eventualmente potranno far valere la propria buona fede nei rapporti interni con i propri danti causa.
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